Louhenapessy, innamorato del Friuli: l'Ajax, l'Udinese, commesso e alluminio | Goal.com Italia

2022-08-21 18:24:21 By : Mr. Dennis xia

Cresciuto con i giovani terribili dell'Ajax degli anni '90, non ha sfondato in Italia: lavori 'normali' e carriera fino alla nona serie friulana.

Non sempre il talento va di pari passo con la volontà, nè con la fortuna. E' la solita vecchia storia dell'uno su mille, che ce la fa. Scomponendo ancor più la statistica, uno su molti riesce ad accettare la propria qualità per andare oltre le difficoltà. Qulcuno si accorge che stare dietro al calciomercato, alle trattative mancate, alle decisioni degli allenatori e ad un calcio sempre meno sportivo e più pressante vita di volti, marketing e apparire. C'è chi lo fa a vent'anni, chi a venticinque, chi a 30. Ma succede a molti, anche quelli con il piede più delicato o l'intelligenza tattica più elevata. No grazie, mollo tutto. Capibile.

Ad Eli Louhenapessy, cresciuto nell'Ajax dei terribili giovani di metà anni '90 e apparso brevemente in Italia alla fine dell'ultimo secolo, decisamente prima rispetto a tanti colleghi che superati i 30 optano per godersi la vita e andare oltre il vecchio mondo del calcio, oramai troppo stretto per andare oltre.

Qualcuno definirebbe Louhenapessy un bidone, altri una meteora. Flop, promessa non mantenuta. I soliti aggettivi. La verità è che Eli non ha fatto in tempo ad essere nessuno degli aggettivi negativi appena citati: una carriera troppo breve, divenuta vita lavorativa normale.

Non solo per la delusione di uno sviluppo calcistico ad alti livelli, ma anche per l'amore per una regione di cui forse non aveva mai sentito parlare. E per una donna con cui ha costruito la sua famiglia, in Friuli.

Van der Sar, i De Boer, Kluivert, Overmars, Kiki Musampa. La lista di olandesi nati a fine anni '70 presenti nell'Ajax 1996/1997 è nostalgia pura. Una squadra che nell'immediato futuro si dividerà tra flop assoluti e stabile ingresso nella storia del calcio. Un'infornata di giovani con pochi eguali nella storia, un mix perfetto di pensiero d'attacco e mentalità vincente. Un corpo unico, senza una forma precisa. Una mutazione costante, scoppiata con l'arrivo dei nuovi milionari, dei settori giovanili non più simbolo di rivoluzione, ma di base economica su cui costruire la propria sopravvivenza.

Louhenapessy, centrale e interno di centrocampo, entrava a far parte del club di Amsterdam a inizio anni '80: ok Eli, sei dentro. Provino, ingresso e trafila delle giovanili dell'Ajax fino alla firma di un contratto da professionista a soli 17 anni. E' il 1993 e la prima squadra, guidata da Van Gaal, sta costruendo un pensiero critico in grado di rivedere i vecchi fasti provenienti dalle idee del calcio totale.

Accordatosi con l'Ajax per gli anni successivi, attende il suo momento, mentre i ragazzi di qualche anno più grandi strappano il titolo di Campioni d'Europa al Milan, in una primaverile notte di Vienna del 1995. Il primo gettone arriverà nel 1996/1997, un'annata particolare: zero trofei, dopo la sbornia precedente. Per molti è l'uscita di scena dal calcio che conta. Ancora oggi, nel 2022, il team di Amsterdam vive di passato per quanto riguarda le competizioni europee, non riuscendo - con limitate eccezioni - a mostrare la stessa capacità nazionale anche in Europa.

L'Ajax dell'Louhenapessy ventenne è in rapido disfacimento. Si valuta, si fa cassa, si accetta. Anche per Eli arriva l'addio, all'Udinese. L'unica sfida contro il NAC Breda convince un procuratore emergente di nome Mino Raiola a puntare su di lui, contattando l'amico Lo Monaco, ds bianconero, per osservare il ragazzo. Folgorato, lo porta immediatamente alla corte dei Pozzo, per quattro anni.

"Ero giovane, la serie A italiana era molto considerata all’estero" ha raccontato a 'Il Messaggero Veneto'. "Di Udine sapevo poco e niente. Mi dissero che era una città vicina a Venezia e questo alla fine mi era bastato. In Olanda conoscevamo bene solo San Daniele perché era il posto da cui arrivava il prosciutto crudo. Dopo, invece, la musica è cambiata. In pochi anni tutti in Europa ci conoscevano".

La folgorazione dell'Udinese per i giovani talenti europei e mondiali, inizia negli anni '90, in una strada percorsa più e più volte. Tentativi costanti di trovare giocatori a pezzi stracciati, così da valorizzarli ed ottenere grossi profitti. Non sempre, ma spesso. Per Louhenapessy la Serie A non significa questo: è solamente il pensiero del top, dell'entrare a San Siro, all'Olimpico. Avere di fronte i più grandi, esserci e vivere. Con una sola presenza alle spalle all'Ajax, il salto nel team di Zaccheroni non può diventare immediato ruolo da imprescindibile.

Acerbo, da formare. Serviva aspettare, in una squadra e in un campionato senza possibilità in tal senso. Louhenapessy ha davanti a sè giocatori che conoscono il campionato ed assicurano prestazioni con un certo standard europeo. Mister Zaccheroni non vuole rischiare, non può permetterselo. Insieme a coetanei che hanno da poco superato i venti, si siede con il sorriso sulle labbra nelle tribune del Friuli.

"Per me era già una cosa enorme arrivare in Italia, la Serie A era il top al mondo" ha rivelato a TMW.

Non ha fretta, si gode il momento. Ma è pur sempre un giocatore professionista, allevato insieme ad alcuni dei più grandi campioni mondiali. Per questo l'Udinese decide di spedirlo in prestito al Genoa prima e alla Salernitana poi (con i mezzo quello ai connazionali del De Graafschap), così da metterlo davanti alla realtà del suo nuovo mondo. Non più dietro alla linea laterale, fuori dallo schermo. Al suo interno, nello spettacolo cinematografico del calcio italiano. E' in rossoblù che dimostra ciò che in Olanda ammiravano e che Raiola e Lo Monaco avevano notato: le capacità fuori dal comune.

Il fatto di essere stato ceduto più volte in prestito, però, portano Louhenapessy in un pianeta mostruoso in cui in tanti vengono divorati: quello degli addii temporanei, sempre più simbolo di una casa madre lontana e non più accogliente. Nella sua era all'Udinese, del resto, avrà modo di scendere in campo in una sola occasione, senza mai convincere la società a riportarlo indietro per puntare stabilmente su di lui.

"A Salerno capii che era l'ultima chance per sfondare e non è andata come speravo. Sono tornato a Udine e non mi hanno rinnovato il contratto. A quel punto ero senza squadra e dopo anni in cui ho giocato col contagocce, praticamente stava diventando complicato trovare sistemazione. Mino mi trovò una sistemazione in Austria, al Bregenz. Finita quella ho capito che era il momento di chiudere. Ero stufo e anche un po' abbattuto".

A 25 anni, Louhenapessy non ha più voglia di lottare. Il suo trasferimento in Italia gli ha conoscere un mondo che adora, ma che gli ha anche aperto la mente: calcio, niente da fare. Basta così, non sono fatto per te. Ormai è tardi.

La decisione riguarda però il grande calcio dei professionisti, ma non quello del pallone. A Louhenapessy ha già stufato il circo del pallone sotto i riflettori, non quello dello sport in cui si destreggia. La soluzione è quella di continuare a lottare a centrocampo, ma senza più la consapevolezza di dover per forza avere una carriera da big: continua tra i dilettanti, dalla quarta alla nona serie, tra il Tamai e il Sevegliano, il Pozzuolo del Friuli e l'Aurora Buonacquisto tra le altre.

Tutte destinazioni nei dintorni in quella regione di cui conosceva solamente il prosciutto crudo e non gli angoli più particolari di Udine. A fine anni '90, insieme alle mete da visitare, trova anche l'amore, una compagna che lo rende nel corso del tempo ancor più friulano adottivo, come si è sempre definitivo. Quattro calci al pallone, un panino e la consapevolezza di non aver sfondato, dalle quale nasce la necessità di provvedere alla propria vita e alla famiglia in un altro mondo.

"Prima di tutto vorrei trovare un impiego" evidenziava a 'Il Messaggero Veneto nel 2016, negli ultimi tempi con l'Aurora Buonacquisto in campo e i trent'anni nella carta d'identità. "Ho lavorato un anno in un magazzino all’ingrosso della zona e ora sono in attesa".

Nel 2022, come confessato a TMW', lavora in un altro ramo:

"Per una ditta qua in Friuli, specializzata nella lavorazione e nella verniciatura dell'alluminio".

A quasi 42 anni (li compirà ad ottobre), non gioca però più nemmeno in Seconda Categoria, ma solamente gli Amatori il venerdì. Una serie in cui era sceso per permettere ad un fisico sempre più in difficoltà. Sempre più in basso nella piramide del calcio italiano, da buon amico:

"Mi piaceva vivere a Udine, avevo fatto le mie amicizie e qualcuno che giocava tra i dilettanti mi invitava a dargli una mano. Ammetto che all'inizio mi vergognavo un po' di scendere così di livello, mi preoccupavo di quello che la gente potesse pensare, che mi bollasse come 'sfigato'. Dopo averci riflettuto a lungo ho deciso di fregarmene".

Come la vecchia questione dell'uno su mille che ce la fa. Di chi accetta il suo status di giocatore a tutti i costi, anche davanti a un calcio ormai cambiato, parodia di se stesso. Non appena ha cominciato a storcere il naso guardandolo, Louhenapessy è rimasto in basso, senza rimorsi o rimpianti. A Udine vive bene. In Friuli non si produce solo il San Daniele.